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  1. Riunione del consiglio comunale in periodo di lutto nazionale per morte del Pontefice Giovanni Paolo II
  2. Pubblico impiego: accesso dirigenza senza titolo di studio idoneo
  3. Attribuzione all’organo esecutivo del potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale
  4. Effetti dell’usucapione su bene in comproprietà pubblico-privato
  5. Partecipazione di una Comunità montana a vendita all’incanto fallimentare
  6. La donazione modale
  7. Competenza per l’adozione regolamento sul trattamento dei dati personali


  1. Riunione del consiglio comunale in periodo di lutto nazionale per morte del Pontefice Giovanni Paolo II
    Occorre valutare quanto disposto volta a volta dalla delibera del Governo in merito alla proclamazione del lutto nazionale. A titolo esemplificativo possono essere disposti, anche cumulativamente: esposizione a mezz’asta delle bandiere sugli edifici pubblici di tutto il Paese, eventualmente listate a lutto; invito alle scuole di ogni ordine e grado ad osservare un minuto di raccoglimento in corrispondenza dell’inizio della cerimonia funebre. Possono poi essere suggerite iniziative da assumersi da parte di associazioni di categoria del commercio per la chiusura anche temporanea degli esercizi durante la cerimonia funebre. Coerentemente con il programma di lutto nazionale, può essere inoltre sollecitata altresì la modifica dei programmi televisivi... Nella specie, quindi, occorrerà rispettare il minuto di silenzio fissato per le ore 12.00 del giorno venerdì 8 aprile 2005, oltre all’esposizione delle bandiere a mezz’asta.

  2. Pubblico impiego: accesso dirigenza senza titolo di studio idoneo
    Prima della modifica introdotta dal d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dalla l. 15  luglio 2002, n. 145, trovava applicazione il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n.421, art. 28, Accesso alla qualifica di dirigente, c. I: L’accesso alla qualifica di dirigente di ruolo nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene esclusivamente a seguito di concorso per esami. C. II (omissis) Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni. A seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165, art. 28, co. 2: «Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso–concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell’art. 1, co. 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea. Sono altresí ammessi i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea.Ne consegue come per l’accesso agli incarichi dirigenziali da parte di dipendenti delle pubbliche amministrazioni occorra il possesso del diploma di laurea.

  3. Attribuzione all’organo esecutivo del potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale
    Trova applicazione nel caso indicato la l. 23 dicembre 2000 n. 388, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), art. 53, co. 23 secondo la quale «gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti fatta salva l’ipotesi di cui all’art. 97, co. 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all’art. 3, co. 2, 3 e 4, del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, e successive modificazioni, e all’art. 107 del predetto testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale».

  4. Effetti dell’usucapione su bene in comproprietà pubblico-privato
    È possibile il verificarsi di una situazione di comproprietà di un immobile tra Stato (o altra pubblica amministrazione) e privato. In tale ipotesi la p.a. risulta titolare di un semplice diritto di proprietà pro indiviso, di natura privatistica. L’eventuale sopravvenuta usucapione della quota del comproprietario privato da parte della p.a. va ritenuta ammissibile. In tal senso, C. Cass., sez. II, 20 agosto 2002, n. 12260, in cui si afferma che «Il comproprietario può usucapire la quota degli altri comproprietari estendendo la propria signoria di fatto sulla res communis in termini di esclusività», precisando tuttavia che «a tal fine non è sufficiente che gli altri partecipanti si siano limitati ad astenersi dall’uso della cosa, occorrendo, per converso, che il proprietario in usucapione ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, in modo tale, cioè, da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus (art. 1164 c.c.)». E anche che «qualora, invece il comproprietario-coerede sia stato, a seguito di amichevole divisione del compendio ereditario, immesso nel possesso di un bene in assenza di un contestuale atto di mandato ad amministrare da parte degli altri coeredi, egli prende, per tale via, a possedere (anche ai fini dell’usucapione) pubblicamente ed a titolo esclusivo il bene assegnatogli de facto, senza che sia necessaria una formale interversione del titolo del possesso o un’interversione di fatto, una mutazione, cioè, negli atti di estrinsecazione del possesso medesimo tale da escluderne un pari godimento da parte degli altri coeredi».

  5. Partecipazione di una Comunità montana a vendita all’incanto fallimentare
    In merito alla situazione descritta, in forza del combinato disposto degli artt. 28, co. 7, 32, co. 5, e 42, co. 2, lett. l) del d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, pare doversi desumere la necessità di una delibera del Consiglio della Comunità Montana con la quale si sia manifestata la volontà di procedere all’acquisto immobiliare (la norma richiamata sembra riferirsi «al solo momento deliberativo della procedura, in cui viene effettuata la scelta di soddisfare un determinato interesse mediante il ricorso ad un certo strumento giuridico, con la conseguenza che non sono affidati alla competenza del Consiglio gli ulteriori atti della sequenza procedimentale»: Tar Campania, Salerno, 12 novembre 1997 n. 639, in www.giustizia-amministrativa.it; il d. lgs. 267 del 2000, cit., «espressamente attribuisce alla Giunta la competenza a deliberare sugli atti di disposizione quando tale deliberazione costituisca mero atto esecutivo rispetto alla delibera consiliare con la quale viene manifestata espressamente la volontà dell’ Ente locale di procedere all’ acquisto dell’ immobile stesso, con l’ esercizio del diritto di prelazione»: Tar Campania, Salerno, 7 ottobre 2003 n. 957, in www.giustizia-amministrativa.it). In ordine al primo quesito, pare necessaria, in sede di pubblico incanto, la presenza del Presidente della Comunità Montana, in quanto legale rappresentante della stessa, salva la possibilità di eventuali deleghe al segretario (cfr. d. lgs. n. 267 del 2000, cit., art. 97, co. 4 lett. d); cfr., altresì, Cass. Civ., sez. I, 29 ottobre 2003 n. 1628, in cd-Rom Foro it., secondo la quale «la delegazione amministrativa (sia interorganica, sia intersoggettiva, secondo che essa operi nell’ ambito di uno stesso Ente pubblico o fra Enti diversi) costituisce un istituto peculiare del diritto pubblico non assimilabile al mandato, e rappresenta uno strumento in virtù del quale (e consentendolo la legge) l’organo o l’Ente investito in via originaria della competenza a provvedere in una determinata materia conferisce autoritativamente ed unilateralmente ad altro organo o ad altro Ente una competenza (derivata) in ordine alla stessa materia; ne consegue che il delegato è legittimato ad esercitare, entro i limiti prefissati nell’atto di conferimento, poteri e funzioni spettanti al delegante. (Nella specie, la delega delle funzioni di Sindaco al segretario comunale, espressamente prevista dall’art. 97, d. lgs. 267 del 2000, cit., comporta che il segretario comunale agisca come rappresentante legale dell’Ente e non come mandatario del Sindaco stesso»). In relazione al secondo quesito pare possibile omettere la cifra che l’ente è disposto a versare per l’acquisto dell’immobile in esame, visto che, in caso contrario, il perseguimento dell’interesse finale sarebbe fortemente pregiudicato.

  6. La donazione modale
    Si ha donazione modale (art. 793 c.c.) quando il donante impone un peso a carico del donatario. Tale peso crea a carico del donatario un’obbligazione. Per esempio Tizio dona un immobile a Caio con l’onere di costruire un ospedale nel suo paese ovvero si può, per esempio, imporre a colui che riceve la donazione di assistere per tutta la vita il donante (onere di mantenimento). Il donante può prevedere, altresì, la risoluzione della donazione nel caso in cui il donatario non adempia all’obbligo impostogli. Tale previsione determina la possibilità, da parte del donante, di chiedere al giudice la risoluzione della donazione, se così è previsto nell’atto di donazione (si tratta della donazione con previsione di risoluzione in caso di inadempimento di obblighi a carico del donatario) – definizione tratta dal sito del Consiglio Nazionale del Notariato. Secondo quanto espressamente indicato dalle disposizioni del Codice Civile, «La donazione deve essere fatta per atto pubblico (art. 2699 c.c.), sotto pena di nullità» e ancora «L’accettazione può essere fatta nell’atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione è notificato al donante» (art. 782c.c.).

  7. Competenza per l’adozione regolamento sul trattamento dei dati personali
    Gli Enti locali, in collaborazione con il Garante, hanno elaborato uno schema tipo di Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari che, dopo il parere positivo dell’Autorità, costituirà lo schema tipo al quale Comuni e Comunità montane dovranno far riferimento. Entro il 30 settembre i Comuni e gli altri Enti locali devono approvare un Regolamento che individui i tipi di dati trattati e le operazioni con essi eseguibili (art. 20 e art. 181, d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196). Gli Enti locali potranno esprimere le proprie osservazioni entro il 15 giugno. Il Codice ha introdotto l’obbligo di riferire nella relazione di accompagnamento a ciascun bilancio di esercizio circa l’avvenuta redazione o aggiornamento del DPS che sia obbligatorio come misura «minima» o che sia stato comunque adottato (regola 26 Allegato B) (Cons. St., sez. I, 28 aprile 1999, n. 535/98, in www.giustizia-amministrativa.it; Tar Calabria, 7 dicembre 2000, n. 1577, ivi).


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